19 novembre 2015

Subdoli tranelli linguistici

Dopo i fatti di Parigi tutti: dall'uomo della strada al sociologo professionista al politico al commentatore, tutti stanno esternando. Anche io quella stessa sera mi sono sentito di esternare dei pensieri e delle sensazioni, del resto...
Quello che ne esce è un mare magnum di ragionamenti politici lineari, dietrologie, paure, espressioni di pancia, contorti complottismi e chi più ne ha più ne metta.
Tutti dicono un po' di tutto e le voci si perdono nel caos, ed è proprio da questo caos che emergono delle tendenze, delle parole, dei concetti che fanno da aggregatori.

Ad attirare in particolare la mia attenzione è il concetto di estremismo, stigmatizzato come "il problema", o addirittura "il nemico".
"il problema non sono i musulmani, ma gli estremisti" è una delle frasi più ricorrenti, o ancora "non conta se musulmani, ebrei o cristiani, il vero nemico è l'estremismo".
In salsa diversa e con una punta di razzismo si sentono dire frasi tipo "non esistono musulmani moderati, sono tutti estremisti".
In chiave minore, perché si presta meno alle declinazioni e perché è un termine più complicato che "il popolino" mastica male, anche la parola "radicale" sta emergendo come sinonimo dotto di estremista.

Non molti anni fa Grillo, parlando delle prostitute presidenziali diceva qualcosa del tipo "escort niente, sono delle puttane" e proseguiva con l'acuta osservazione che la confusione del linguaggio porta alla confusione dei concetti.

Mi spingo oltre, senza bisogno di scomodare una citazione ad hoc di Chomsky che non ho voglia di cercare, nel dire che le alterazioni del linguaggio hanno una funzione di controllo.
Controllo di chi? La gente si autocontrolla? No, i post che vediamo su facebook o gli slogan ripetuti in televisione sono per lo più prodotti da pochi comunicatori e ripetuti o condivisi come mantra dalle masse.
Quello che mi arriva se tu condividi sulla tua bacheca un bel disegno che parla di "estremisti = male" non è il tuo pensiero è il pensiero di qualcuno che pensa a come rendere virale un concetto e attrarre pubblico, a voler essere buoni, o a rendere virale un pensiero che gli fa comodo, adesso o in futuro, a voler pensare male.

E come diceva Andreotti: "a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca".

Riappropriamoci delle parole per capire i concetti.
Chiedo aiuto alla sempre utilissima Treccani ed al dizionario del Corriere della sera

Radicale, 2° significato: Che concerne le radici, l’intima essenza di qualche cosa

Estremista: Chi assolutizza un concetto, una dottrina; in particolare in politica, chi ha una posizione favorevole a idee e misure estreme e radicali.

Bene, il quadro è completo.

Chi è il nemico? Gli estremisti. Chi sono gli estremisti? Quelli che non scendono a compromessi, quelli che non stanno "in centro".
In Italia chi c'è di "radicale"? La sinistra (oddio...c'è...diciamo che c'è stata, adesso io non so neppure più dove trovarla) e, visto il nome, i radicali (che anche loro, fra cambi di nome ed altre vicissitudini esistono ancora, anche se serve il microscopio per trovarli).
Chi si cerca di dire che non è più estremista, ma si è moderato? Lascio a ciascuno la sua risposta, tanto è stato il mantra alternato del potere degli ultimi 20 anni...e anche più.

Si è cominciato da tempo a dire che radicale ed estremista erano "il male", ora con opera mediatica intelligente si associano le parole a dei fatti eclatanti ed eccoci a dire che solo ciò che è moderato è bene!
Non sto dicendo che chi ha commesso gli attentati non sia estremista, ovviamente. Sto contestando il fatto che il problema sia il fatto che è estremista.

Allarghiamo la prospettiva. Chi fu estremista nella storia? Galileo, per esempio, con il suo sfidare l'ordine costituito. Washington, che ha guidato una guerra d'indipendenza, sicuramente non era un moderato.
Gandhi e Mandela si sono fatti anni di carcere e hanno subito repressioni per le loro idee, senza mai piegarle. Idee estreme, a detta del regime, e anche radicali.

Sostanzialmente non c'è rivoluzione, reale o figurata, politica o ideologica, senza estremismo. Nella storia politica forse la prima vera evoluzione che non sia passata per una "rivoluzione" pare essere l'unione europea, che infatti fatica a decollare, non per mancanza di progetto, ma perché per avvicinare poli distanti e cucirli assieme senza strappare la coperta ai bordi bisogna tirare molto molto piano. Sarebbe più funzionale strappare tutto e rifare, ma fortunatamente l'orrore di una guerra globale tiene lontane queste idee dall'Europa...per ora.

L'estremismo non è un male: è il sale dell'evoluzione. Certo comporta dei rischi, sicuramente è difficile da trattare e da gestire, ma un mondo senza estremismo è un mondo grigio e statico. Dal confronto degli estremi si genera energia.
Il mondo ha bisogno di un polo + e -, per generare la corrente che lo anima. Più ne crea, più è vivace, facendo attenzione a non far scoppiare tutto per un sovraccarico.

Dal confronto fra "boh, va bene anche così" e "sì, facciamo pure cosà, tanto non importa", non nasce nulla, ma a chi deve governare le masse fa comodo che l'estremismo sia eradicato alla base, perché la gente pronta al compromesso è meno difficoltosa da incanalare.
E quindi via alla campagna per cui estremismo = male, radicale = male, moderato = bene, il nemico = estremista, ecc...

Torniamo al punto di partenza: se non si chiama estremismo, come si chiama "il problema", come si etichetta "il nemico"? Una parola in italiano c'è, ma non la si usa mai in questi messaggi massificati. Questa parola è "Fanatismo"
Mi faccio aiutare dal dizionario del corriere, che dà una definizione molto calzante della parola

Fanatismo: adesione incondizionata a una fede o a un'ideologia fino ad annullare completamente la serenità e l'obiettività di giudizio del soggetto

E sottolineo fede o ideologia.

Ora venite a dirmi che è un caso che di centinaia (migliaia) di post che ho letto su facebook volti a dire quale sia il problema nessuno sa abbastanza italiano da trovare la parola giusta ed è solo un caso che tutti parlino solo di estremismo...





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17 novembre 2015

The Lobster

SPOILER ALERT!! SPOILER ALERT!!!

per chi non sa l'inglese: VI ROVINO IL FILM!!



Non cliccate sul leggi altro se non volete anticipazioni e saltate alla recensione qui, se non sapete di cosa parlo. veramente, fidatevi...

E poi a scrivere la recensione è la McGranitt, che a scrivere spacca!!!



Se siete qui avete superato l'alert sopra, quindi iniziamo: ho visto The Lobster, per chi non sa cosa sia, il riassunto #inpocheparole è nel link sopra, cioè, lo ribadisco, qui: http://inpocheparole.com/the-lobster/.

Se non l'avete visto NON LEGGETE e fatevi un favore gigantesco: leggete la recensione e se vi interessa ANDATE A VEDERLO prima. Poi tornate pure qui e leggete il seguito :)



Il film parte in modo geniale. Ricorda uno degli universi allucinati di Dick, immerso in una fantascienza senza troppa scienza e ma molto fanta.

La parte bella è che continua meglio. C'è un crescendo di situazioni spettacolare e tutto funziona alla grande, a patto che vi piacciano le situazioni assurde ed il grottesco.

Come dice la recensione il mondo è distopico nel modo più classico possibile, ossia aderente a un realismo formale in cui alcune paranoie già iniettate nella società reale sono esasperate.


Dopo aver mostrato "il regime", cambio di punto di vista: "la resistenza", che si identifica con la seconda parte del film.

Il film continua a scorrere in modo affascinante, anche se...perde qualche colpo. Inizia la storia d'amore fra il protagonista e quella che sin dall'inizio è la voce narrante e che poi si scoprirà essere una delle resistenti.


Terza parte: si esce dai particolarsmi (la clinica, i ribelli nella foresta), si entra nella società.

Va bene, va bene, ci sta. Il film zoppica ancora di più perché man mano che lo scenario si allarga, le pennellate sono sempre più blande e il resto è lasciato all'immaginazione, guidata dagli elementi già condivisi, ma sono troppo pochi e il livello sociale risulta freddino e piatto.


E poi, quarta parte, che potrei chiamare la sintesi, in cui il protagonista e la sua nuova compagna si ribellano e da azione e reazione cercano di estrapolare, appunto, una sintesi.


Finale.
Titoli di coda.


Ecco, il tema è che in qualche punto fra la fine della seconda parte e la terza parte, cioè chiusa la descrizione della "rivolta" e prima di chiudere la descrizione sociale (come detto incompleta), il film inizia a girare su se stesso.

Uno degli elementi più interessanti dell'utopismo negativo è andare al nocciolo della perversione, sviscerarla e mostrare che, sotto l'apparenza c'è ancora più orrore, oppure allargare il punto di vista e mostrarne l'universalità.

In ogni caso portare l'incubo a compimento.

Non necessariamente in modo esplicito e didascalico, intendiamoci, ma proprio perché si immagina un mondo e dove si iniettano come virus le psicosi sociali che si vedono in nuce nella società in cui si vive,è interessante mostrare come l'infezione possa diventare profonda o diffusa.
Si va cioè al nocciolo del problema o alla sua degenerazione universale.

The Lobster ci illude di andare in entrambe le direzioni, ma poi clamorosamente le manca entrambe.

Ci porta alla società nella terza parte, ma ne mostra solo scampoli: dove ha la possibilità non approfondisce e usa solo qualche suggestione per mostrare che qualcosa, a livello superiore, non va (i poliziotti nel centro commerciale ne sono l'emblema).

La città, però, è completamente di plastica: non ci sono persone per le strade, non ci sono attività, ma non c'è neppure controllo o repressione o....beh, non c'è nulla (si non sono scemo, capisco anche io che si parla di una società chiusa in luoghi d'aggregazione artificiale, ma qui non c'entra nulla e invece che mettere altra carne al fuoco sarebbe il caso di cuocere quella che già c'è).

La profondità è promessa dalla storia d'amore, la quale però si arena su un particolare che viene spesso citato sin dalla prima parte e per me non è ben comprensibile: l'ossessione per avere qualcosa di identificabile in comune per poter costituire una coppia.

Perché? Qual è il pensiero dietro questa ossessione? Qual è la causa di questa regola assunta universalmente?

Non si capisce, non si dice, non si accenna neppure. La si dà per scontata.

Risultato: la profondità si perde al primo strato, dove c'è un assioma dogmatico assurdo senza ragione apparente.

Stiamo parlando di una ossessione del mondo moderno esasperata a dogma esistenziale? Io, sinceramente, non la vedo: intorno a me vedo un mondo felicemente meticcio da tutti i punti di vista. Sì, certo, ci si conosce spesso grazie a qualcosa in comune, ma ci si ama, a volte se non spesso, grazie a qualcosa di complementare.


Ricapitolando doppio fallimento: non si allarga alla società per mancanza descrittiva e non si va in profondità perché non si supera lo scoglio del dogma senza spiegazione.

Il film quindi non ci sbatte contro le nostre perversioni o le nostre paranoie, ma semplicemente racconta un mondo che da fantastico diventa semplicemente inspiegabile e il patto narrativo scricchiola, quasi spezzato.


Potrebbe restare una buona storia, ed in effetti sin quasi alla fine lo è.
Il finale però (spoiler alert, spoiler alert!!!) non mantiene le promesse: si chiude prima della scelta decisiva, lasciando sì il finale aperto alle fantasticherie dei singoli spettatori, ma ancora una volta fallendo sul piano comunicativo.
Quella scelta che il protagonista non fa, puzza di scorciatoia, perché non avrebbe affatto chiuso il finale, ma avrebbe obbligato il racconto a schierasi sul peso quell'inspiegabile dogma ha sul mondo, o almeno sull'universo interiore del protagonista.


Ovviamente questi fallimenti non sono dei motivi per dire che il film è brutto (e, chiariamoci, non lo è), ma sicuramente costituiscono dei problemi che canonicamente sono riservati ai film che non fanno del contenuto la loro forza, dove quindi hanno un peso minore.

Siccome qui a farla da padrone è sicuramente più la sostanza che non la forma, è fastidioso vedere che a conti fatti affascina più la forma della sostanza, che pur sorretta da una visionaria fantasia, risulta annodata sul paradosso in modo sterile.

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14 novembre 2015

Riflessioni sui fatti di Parigi (anche se non sembra)

Non so bene neppure come commentare. Il mio cinismo e la mia esasperata razionalità mi allontanano dal riflettere sui numeri come discrimine. Cercare il bene e il male fuori da sé, o il giusto e lo sbagliato, l'ho sempre visto come uno specchio del non riuscire a definire da soli la propria via e, ancor peggio, del non assumersi la responsabilità profonda e completa del proprio operato (chi mi conosce profondamente da molto sa che è un elemento fondante della mia visione del mondo in generale e della religione in particolare).
Oggi a un cliente ho detto scherzosamente che sarei stato "quello antipatico". Riflettendo sul significato profondo di questa mia affermazione mi sono reso conto che lo sono perché sono quello che strappa via la poesia dalle situazioni e impone (in primis a me stesso) di affrontarle nude e crude, finendo per trovarcisi nudi a propria volta.

Dio è un po' la poesia del mondo: aggiunge un pezzo di incanto, evoca sensazioni ed atmosfere forti ma impalpabili, rende i concetti apparentemente forti, perché interpretabili e pertanto declinabili secondo l'uso più suggestivo o più conveniente, ma in realtà deboli, perché privi di un loro proprio fondamento. Nella poesia non possiamo conoscere il pensiero del poeta, ma solo interpretarlo, spesso guidati da altri che a loro volta non lo conoscono, ma salendo in cattedra acquisiscono un potere che non dovrebbero avere. Se anche sfuggiamo al gregge, diventiamo noi stessi i nostri stessi manipolatori, in un gioco al massacro che sa di follia schizzofrenica.
Lo stesso poeta non può comunicare il concetto evocato meglio di quanto faccia la sua opera e perde potere di fronte ad eteree interpretazioni dei suoi versi, avvincenti quanto intrinsecamente fasulle (inconoscibilità e incomunicabilità,  dal sapore gorgiano, sono altri elementi caratterizzanti della mia visione del mondo, come noto ai soliti).

Il problema è che la poesia, al di là della sua occasionale bellezza e sintesi comunicativa, se diventa il modo di descrivere la realtà invece che un'espressione artistica a suo corollario, si rivela essere un artificio per giustificare la propria mancanza di conoscenza e soprattutto la resa incondizionata nella ricerca di questa stessa conoscenza. La poesia è e deve essere un piacevole di più, forse il più piacevole dei lussi superflui.

Se la poesia non può essere eliminata senza far crollare il castello che agghinda significa che da orpello si è mutata in fondamenta e che il castello si posa su basi fittizie, se non false.

Tolta la poesia da ciò che ci circonda resta una sola cosa da fare: affrontare il mondo là fuori, senza scuse, senza ipocrisie.

Tolto dio dal nostro mondo resta una sola cosa da fare: affrontare se stessi, senza scuse, senza bugie.

Tolto dio quei morti sono un abominio ingiustificabile, e quindi lo si aggiunge nel sistema per far tornare i conti.
Ma dio non è un numero e non può risolvere nessuna equazione dell'animo umano, perché dio non può che essere poesia.

Oggi dio è una poesia tanto evocativa quanto il vuoto che nasconde...ed eccezionalmente brutta.
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8 ottobre 2015

I bambini provocano?!?

Ma sei scemo?!?!
Se un bambino cerca affetto capisci che uno glielo butti in culo? Ma l'omosessualità no, quindi solo le bambine dovrebbero essere a rischio. #einvece.

E immagino che se una va in giro in minigonna, uno stuprettino veloce veloce sia "comprensibile".
E, oh, occhio quando cade la sponetta, che se un prete passa di lì....ma non è omossessualità, è trovare il giusto sostegno all'equilibrio su un terreno potenzialmente scivoloso. Chi non lo capirebbe?!

Con tutta la buona volontà, capisco che ci siano dei criminali, capisco anche io che cedano. Ma come cazzo di fa a dire che si capisce la gente che cede a un bambino che cerca affetto?! Non è che stava cercando minchia, stava cercando l'affetto che non trovava in famiglia. Non può, un bambino già in difficoltà, trovare un palo in culo da chi lo dovrebbe assistere.

Un conto è sostenere che ciascuno porti sulle spalle la sua croce, un conto è portare un pezzo di prete dove non batte il sole.

Per chi ha dubbi...il video è qui.

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Guerra al terrore

Un grande successo nell'innovazione tecnologica e nel progresso scientifico in campo bellico, oltre che importante successo politico, è stato ottenuto pochi giorni fa a Kunduz, un posto pieno di straccioni che hanno la guerra ed il clima di terrore che si meritano.
Le bombe intelligenti hanno infatti ucciso 22 pericolosi terroristi. Di questi, ben 10 stavano cercando di sabotare il sistema economico mondiale, sopravvivendo in una inutile nazione del terzo mondo arrecando un grave danno economico, 3 di loro, addirittura non maggiorenni, sarebbero stati un peso per anni, se fossero sopravvissuti.
Altri 12 stavano minando alla base il paradigma su cui si basa la nostra cultura: questo è il migliore dei mondi possibili e una società in cui vengono aiutati i bisognosi, anche indigenti, è da considerarsi un'aberrazione in grado di farci tornare all'età della pietra.

Ripeti con noi 10 volte: "Evviva la democrazia esportata! Evviva la minoranza coi bombardieri che sceglie democraticamente il bene dei popoli!"

Unisciti alla guerra al terrore, riconosci i veri terroristi, combatti gli eversivi, sostieni i bombardamenti sugli ospedali di Medici Senza Frontiere!



MSF: http://www.medicisenzafrontiere.it/bombardato-il-nostro-ospedale-kunduz

Repubblica: http://www.repubblica.it/esteri/2015/10/03/news/afghanistan_nato_forse_colpito_ospedale_di_medici_senza_frontiere_kunduz_3_morti-124207433/


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1 ottobre 2015

Lo strano scorrere del tempo

Mi è venuta voglia di :of the wand & the moon:, ho visto un disco nuovo, gli ho dato un ascolto. Tempo qualche canzone mi sono ricordato che Kim Larssen era recentemente tornato al metal dopo la remotissima esperienza coi Saturnus. Non ricordavo il nome del gruppo e l'ho cercato sul solito metalstorm.
Il disco è del 2009. Io avrei detto 2-3 anni fa. Poi mi sono ricordato della tempesta che ha travolto tutto negli ultimi 3 anni, annichilendo lo scorrere del tempo.
Quindi 3 anni più 2-3 fa veramente 2009-2010. La percezione era erratamente giusta*, ma l'incapacità della mia testa di mettere in fila i cocci del percorso in modo automatico mi fa riflettere sulla percezione del tempo e della vita.
Provando a mettere a fuoco mi rendo conto che ci sono dei momenti di svolta che segnano la vita e tutti gli altri fatti sono relativi a quei momenti di svolta. Come se si trattasse di ere storiche. Una sorta di 3 anni AS (avanti separazione), che altrimenti avrei potuto ricordare come 3 anni DG (Dopo Gaia). E così altri mille fatti hanno lo stesso tipo di datazione. Non mi ricordo quanti anni avevo quando ho aperto la PIVA, ma so che erano 3 anni PL (Post Laurea).

Può essere affascinante provare a giocare coi propri ricordi in questo modo e scoprire quali sono i momenti cardine che riusciamo ad ancorare nel tempo. So di non essere l'unico a ragionare in questi termini e credo che sia prassi canonica umana, forse per voi perfettamente razionalizzata, mentre io sono emozionato come un bambini a cui viene mostrato un nuovo mondo.
Non è meno affascinante il gioco opposto: notare cioè come certi eventi, pur razionalmente importanti, non abbiano minimamente marcato il tempo nel flusso della vita.

Ora la domanda vera è quando e quale sarà il prossimo evento cardine della mia vita, rispetto al quale misurerò il tempo? Sono curioso, e un po' intimorito.
Spero sia un evento felice...


*in realtà è una cazzata, in questo caso la mia percezione era sbagliata, ma è vero e genuino tutto il ragionamento a contorno.


PS: per chi fosse interessato, il disco in questione è qui ed il gruppo si chiama Black Wreath. Un doom senza grandissimi pregi, a mio avviso e lontano anni luce dalla grandiosità che i Saturnus hanno avuto dopo la dipartita di Kim Larssen, in particolare con quell'indimenticabile gioiello che è Veronika decides to Die
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4 giugno 2015

What better time than now?

Oggi ascoltando quel discone che fu Veronika Decides To Die dei Saturnus, mi sono guardato i dischi metallusi del 2006 e ho visto che su MS è il 2° disco più bello del suo anno. Ho pensato "che sfiga essere usciti lo stesso anno di un colosso come Ashes Against The Grain degli Agalloch, che è uno dei dischi più belli della storia del metal "colto" di tutti i tempi! Sarebbe bastato un anno in più...".
Poi ho pensato "tutti gli anni c'è un colosso che esce, se non è quello è un altro...cosa cambia?!".
Ho controllato.
L'anno dopo ce l'avrebbe fatta ad essere il disco dell'anno. Quello prima no (ma a mio gusto sì).

Sfiga, dunque.
Ma quasi mai la puoi evitare, quindi tocca imparare a conviverci.

L'anno prima sarebbero stati maturi per quel disco? E l'anno dopo avrebbe avuto lo stesso impatto di quell'anno?

Alla fine scrivo queste cazzate per dire che il mondo intorno evolve ed osservarlo può guidare per il meglio alcune nostre azioni, ma il senno di poi, appunto, viene solo poi, quindi aspettarlo per prendere la giusta decisione o capire quando è "l'attimo" non è la scelta più azzeccata.

Carpe diem?

Forse neppure, almeno non con ossessione ed irruenza.

Ma se te la senti...cazzo fallo: what better time than now?



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13 marzo 2015

L'Isis e l'Europa pacificata

Faccio una precisazione iniziale: questo post è provocatorio e politicamente scorretto, forse offensivo, sicuramente irrispettoso.
Potrebbe dare fastidio.
Ma chissene...

Qualche giorno fa un amico mi ha passato il link al video dell'isis in cui sgozzano e decapitano i 21 prigionieri egiziani copti (è qui, ma non ne consiglio la visione, però se volete, vi evitate di cercarlo e trovare porcate rimaneggiate).
L'ho guardato e l'ho trovato molto diverso da come me lo aspettavo. Intanto è "montato" inframezzando parti "da film" a parti più "da documentario".
L'inizio e la decapitazione, in particolare, sono molto "da film horror", più che "reportage di guerra".
Poi, nel volto dei condannati non ho visto panico, non ho visto rabbia, rivolta...nulla. E questo mi è parso strano: 21 persone, non 1. Nessuno che pensa che visto che lo stanno per sgozzare vivo, magari vale la pena di provare a dare un calcio nei coglioni a questi stronzi, tanto alla fine ti ammazzano uguale? Nessuno che se la fa addosso, nessuno che urla, nessuno che bestemmia contro Allah, Maometto ecc (che poi anche se lo facesse, lo farebbe in una lingua a me incomprensibile, ma questo è un altro discorso).
Certo, il montaggio ti permette di tagliare via molte di queste cose, se anche sono successe.
Non mi sfugge neppure che, dopo aver sgozzato e decapitato con un coltello una vittima, il "protagonista" del video abbia il coltello e la mano insanguinata, ma la mimetica chiara linda e pulita.
Ma anche questo è facile da fare....

Però a questo punto mi chiedo che cazzo ho visto. Cosa c'era di reale? A guardarlo così, potevano anche essere tutto già morti al momento dello sgozzamento e successiva della decapitazione...e ci starebbe. Poteva addirittura essere tutto un effetto speciale. E magari lo fosse stato....

Comunque sia andata non cambia la barbarie del gesto.

Mi viene forse da pensare che anche chi si esalta a vedere certe scene e inneggia a 'ste gran teste di cazzo magari non avrebbe avuto lo stomaco di assistere alla scena intera, né forse avrebbe apprezzato un condannato a morte che bestemmiava in una lingua a lui comprensibile.

Come dire...hanno cercato un bilanciamento di finzione e realtà che esaltasse i loro simpatizzanti psicopatici senza allontanarli e senza allontanare i loro simpatizzanti "solo pazzarelli" e nel mentre terrorizzasse noi europei, cristiani o meno.

Apparentemente ci riescono. E, parlando di me in particolare, in realtà, più che spaventarmi direttamente, mi fanno schifo, nel senso che mi causano disprezzo nei loro confronti. Ma loro non mi spaventano più di tanto, perché la loro minaccia la sento lontana (avrei una paura fottuta se fossi adesso ai confini fra Libia ed Egitto). Mi causano sì paura, ma è una paura diversa da quella che vorrebbero provocare.
Il motivo per cui non mi riescono veramente a spaventare è che io so che noi non siamo neppure un briciolo meglio di loro. Siamo solo, apparentemente, pacificati. Ma è probabilmente una condizione transitoria (anche se spero sia il più duratura possibile).
La nostra maggiore "civiltà" più una convinzione effimera che una realtà consolidata.
Ho un po' l'impressione che 'sti spacconi del cazzo abbiano l'immagine dell'Italia e dell'Europa che arriva dalle televisioni patinate, quelle che attirano masse di persone che credono che sia tutto perfetto. E sì, magari è meglio che a casa loro, non voglio discutere di questo, ma non è tutto così splendido e lucente.
Una sorta di "voi non sapete chi siamo noi".

I nostri nonni ne hanno messi 6 milioni, di prigionieri, nei forni o nelle docce a gas nell'indifferenza generale (e non diciamoci cazzate, la guerra non era "alle atrocità" dei nazisti, ma "all'espansionismo" dei nazisti).
60 anni fa, non secoli.
Troppo lontano?
20 anni fa, circa, dall'altra parte dell'adriatico, "a 30 miglia di mare", si sono fatti stupri di massa con conseguente uccisioni collettive nei modi più variegati, circa 100 mila morti e oltre 2 milioni di profughi. Sì, ci ha dato fastidio, ma stavamo solo mettendo ordine in cantina, la nostra cantina, quindi ce lo siamo dimenticati in fretta.
Altra generazione?
8 mesi fa i neonazisti ucraini hanno catturato il capo della polizia di Donetsk e l'hanno sgozzato davanti alla moglie, nel mentre a Kiev hanno messo a capo della polizia un neonazista a capo di un battaglione accusato di rapimenti, stupri ed uccisioni di civli, nella nostra totale indifferenza (e consapevolezza manipolata dai media di regime).

Tutta questa gente non aspetta altro che una buona scusa per riaccendere i forni e l'indifferenza, se non l'appoggio, dell'opinione pubblica, per farlo impunemente. Se le lacrime, sul momento, non sono state versate per 6 milioni di innocenti, non lo saranno neppure per 100 milioni o quanti dovranno essere, senza distinguo, senza pietà.
Le uniche lacrime che prevedo sono quelle per le bollette del gas da pagare alla Russia, che però sarebbe probabilmente ben felice di fare uno sconto visto il fine per cui è usato.

Questo è quello che mi spaventa di più. Loro cercano di farci spavento e lo spavento che mi creano, il più grande, è che se vogliamo fare un'escalation al peggio, noi (in senso lato, è ovvio, almeno sin quando stanno al di là del mare) non abbiamo nessuna lezione da prendere. Abbiamo svariati secoli di atrocità e ancora adesso non abbiamo smesso: egli ultimi 80 anni ne abbiamo combinate di tutti i colori!

Ma non serve parlare di guerre vere e proprie o di neonazzisti, che sembrano anche quelli lontani da noi.
In molte autostrade italiane ci sono probabilmente più di 21 persone. Nei piloni, dico.
E basta cercare "vittime di mafia" so google a vedere che il numero è lungo, il modo è vario e la pietà è l'unica grande latitante.
Ovviamente l'Italia è formalmente pacificata e il clima è normalmente sereno. Non voglio mettere sullo stesso piano isis e mafia, per varie ragioni. Ma a parte il fatto che non sono convinto che l'isis sia mosso, ai piani alti, dalla religione (ai piani bassi, probabilmente sì, per certa follia serve un dio, ma proprio quel tipo di piani alti è quello che crea gli dei per controllare le masse), non sono neppure convinto che se qualcuno tocca i nostri interessi da vicino la reazione sia poi così tanto più civile della loro.
E non sono neppure convinto che se togliessimo il freno del rischio di una punizione a certa gente, non arriveremmo ben presto allo stesso livello di follia.

Mi piace vedere però un altro punto di vista ancora, e buttare altra carne sul fuoco, non solo quella di un povero pilota libanese: che interesse c'è nel mostrare queste barbarie?
Da parte loro (isis) una sorta di celodurismo che somiglia al gonfiare il pelo dei cani, da parte nostra quella di allontanare ogni possibile simpatia nei loro confronti, ma anche quello, meno nobile, di sentirci quelli buoni (in contrasto ai cattivi), quelli evoluti (in confronto ai barbari), quelli pacificati (in confronto ai selvaggi in guerra).
Se dovessero mai attravarsare il mare, o anche solo provarci, non credo che ci metteremmo molto a toglierci di dosso la nostra ipocrita superiorità e rimandarli a casa in cenere (passando per il camino, dico). Ma sino a quel momento abbiamo bisogno di illuderci di essere migliori.

"L'uomo produce il male come le api producono il miele" (William Golding)



PS: non ho volutamente parlato delle assurde atrocità del resto del mondo, dagli squadroni della morte e i desaparecidos del sud america, agli khmer rossi o le follie del regime nord coreano. In primis perché sono troppo lontane, e poi perché non servono ulteriori "finzioni" a distrarci dal fatto che anche noi siamo così, perché...l'uomo è fatto così. E certo si potrebbe inserire anche la mattanza delle minoranze negli USA da parte della polizia o le repressioni folli dal regime cinese. Ce n'è per tutti, in tutti i continenti, forse giusto l'Antartide si salva, non essendo stabilmente abitato...




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15 gennaio 2015

Il film che non ti aspetti: Snowpiercer

Sarà il titolo, sarà la locandina, ma approcciandomi a Snowpiercer, ai tempi della sua uscita, avevo la netta sensazione del film cagata, collegandolo per qualche motivo a un mix improbabile fra il terrificante Trappola sulle Montagne Rocciose e il disdicevole Trappola in Alto Mare (che risulta superiore al suo seguito, perchè sì, sono uno il seguito dell'altro, solo per la scena della torta, NSFW, sappiatelo, con la sempre bella Erika Eleniak)

Non credo che serva puntualizzarlo, ma non c'è nessun nesso, neppure lontano, fra Snowpiercer e le due schifezze di cui sopra...eppure nella mia mente sono rimasti associati. Neppure il fatto che al posto di quell'attore imbarazzante che va sotto il nome di Steven Segal ci fosse Chris Evans è bastato a rompere la connessione nella mia testa!

Poi, un giorno, non so dove, ne ho letto bene e mi sono incuriosito. Così ho deciso di guardarlo e...il film c'è!

Film d'azione dall'ambientazione bizzarra, carico di significati metaforici abbastanza espliciti e di questioni morali più complesse, si lascia guardare con gusto e ti lascia parecchio.

La premessa della storia e qualche aspetto del film sono tenuti su con gli stecchini, ma da un lato in un film d'azione spesso questi aspetti restano in secondo piano, dall'altro è così forte il parallelismo sociale che il film tratteggia, da risultare inutile cercare di trovare la perfetta coerenza.
Non c'è.
Ma non conta, perché c'è un film che ci divide in gruppi sociale, ci inserisce in un sistema, ci fa pedine di un gioco perverso che non controlliamo, ci parla di perdizione e redenzione con tanto di ascesa verso...un luogo dove nulla può ugualmente cambiare. Ci parla dell'eterna illusione del cambiamento e degli equilibri fragili e necessari che ci circondano.
La soluzione è forse quella del fattone del film (spoilerino) o forse quello è il disastro maggiore: l'illusione di poter scardinare gli schemi ed uscire dal sistema, di poter reinventare un altro sistema diverso da quello che ci tiene sì prigionieri, ma al sicuro.
Peggio dell'illusione della rivoluzione. Peggio del tradimento dei sogni.

Un pugno in pancia attutito giusto dal fatto che è un film d'azione e l'azione certo non manca, con anche qualche trovata brillante e qualche momento emozionante e che la metafora, che c'è, resta asservita al racconto: non è un film didascalico e non è un film di "denuncia" sociale. Si tratta di qualcosa di diverso: la rilettura della nostra società, espressa secondo schemi e compartimenti separati. Il racconto di un viaggio al suo interno, la consapevolezza dell'orrore in cui ci culliamo (sì, perché ce la raccontano "dal basso", ma noi sappiamo sempre di essere in realtà abitanti dei vagoni di testa e con cosa paghiamo il nostro benessere), la constatazione che ci sono poche alternative all'interno dello schema in cui siamo e soprattutto non c'è un modello alternativo con una prospettiva di sostenibilità.

Al di fuori del nostro mondo, delle altre carrozze del nostro treno, c'è solo un freddo pazzesco...come quello che abbiamo dentro.




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