9 settembre 2014

Quando meno te li aspetti...arrivano loro

Loro i The Haunted, dico.
Dati per artisticamente morti con l'obbrobrioso, noiosissimo, inutile e finanche fastidioso precedente schifezza a titolo Unseen, orfani di uno dei più convincenti cantanti del settore, Peter Dolving (in casa affettuosamente ribattezzato "lo zio Peter"), poi del batterista che ci aveva messo la marcia in più, Per Möller Jensen, che se ci fosse stato lui sin dall'esordio, quel The Haunted adesso sarebbe il disco con cui fare i conti nel genere, e soprattutto (!?!) di uno dei 2 gemellini Björler (Anders, il chitarrista)...cosa ci si poteva aspettare?
Lo scioglimento sarebbe stata la scelta più sensata.
Hanno deciso di andare avanti.
Disappunto.

Tolto lo zio Peter, anima innovatrice (nel bene, ma visto l'ultimo disco, anche nel male), ci si poteva aspettare un ritorno alle sonorità di un po' di dischi fa, ma a creatività e maestria ridotte.
Le notizie si susseguono, anche perchè lo smembramento del gruppo è stato progressivo. Marco Aro torna nel gruppo a sostituire Peter.
La vicenda ha del comico! Per chi non ha seguito: Peter canta nel primo disco, poi esce dal gruppo, Marco lo sostituisce nel 2° e 3° disco, poi torna Peter con tanti saluti al buon Marco, sicuramente inferiore per molti versi, non ultimo quello di essere confondibile con altri 200 cantanti death presi a caso. Comunque ben più che dignitoso, intendiamoci, ma Peter è semplicemente quel fuoriclasse che Marco non è e non sarà mai. Pace, ha avuto comunque la sua visibilità.
Peter torna quindi al 4° disco (quell'indimenticabile e grandioso rEVOLVEr che segnerà una pietra milare per il thrash/death) e si ferma per i successivi 3 dischi. Dopo il 7° (orrido, come già detto) se ne va e i The haunted cosa fanno?
Riprendono Marco.
Vabbeh....buon per lui, ma io sarei sopolto dalla sindrome della ruota di scorta (RdS, citando acronimi fuori contesto).

Simile la vicenda con Per Möller Jensen, che sostituisce il defezionario Adrian Erlandsson dal 2° disco in poi, per poi mollare dopo il 7°, un po' dopo la dipartita di Peter ed essere sostituito da...udite udite: Adrian Erlandsson.

Lo slogan per i The Haunted sembra essere keep it in the family.

Ora questa sì, è una tragedia, perchè Adrian Erlandsson è semplicemente il batterista più sopravvalutato del secolo. E di quello passato. Insomma dell'umanità, almeno da quando esiste la batteria con la doppiacassa. Non è "scarso", è semplicemente piatto e privo di fantasia, di un tocco suo, di qualcosa che te lo faccia riconoscere o che attiri l'attenzione. Si potrebbe definire come un mestierante senza ispirazione che è riuscito a imbucarsi in una manciata di dischi epocali che lo fanno apparire un personaggio mitico, cosa che decisamente non è.
Nei fatti una drum machine, magari programmata da Xytras è ampiamente preferibile (e 'sti cazzi, potresti ribattere).

...Poi molla il gemellino. Che cosa resta? Che fare?! Boh, arriva uno che non conosco (ormai ho un'età e non seguo quanto un tempo) a sostituirlo. Il curriculum ha buoni nomi, certo, ma non raccontiamoci balle: lui su Slaughter of the Soul (quanto ancora il cuore dei The Haunted pulsava negli At The Gates) non c'era. Non ha scritto né l'esordio The Haunted né il già citato rEVOLVEr. Per quanto, in totale controtendenza rispetto all'universo intero, a me non sia piaciuto per nulla, non c'era neppure per Made me do It. Quindi...difficile dare credito anche a questo cambio.

Annunciano il nuovo disco, e non si sa se essere tristi per la scelta o disperati per l'ipotetico risulato.
Primo pezzo online (Cutting Teeth). Inutilissimo. Quello è il pezzo scheggia che abbiamo sentito, migliore, in numerosi altri dischi del gruppo. Piacevole, però, e sicuramente dignitoso.
Il punto è che è un segnale: si parte col piede sull'acceleratore. Da un lato è un inatteso segno positivo, dall'altro Marco non ha la versatilità per gestire altro e soprattutto ad Adrian non hanno mai insegnato nessun altro pattern di batteria oltre al tupa-tupa con qualche piatto qua e là...era quindi inevitabile che andasse così (lato grandioso, ma noioso, dei già citati Sloughter of the Soul e The Haunted, che sono capolavori nonostante la sua presenza).

Secondo pezzo online (Time will not heal). Funziona. Non emoziona, ma funziona. Bene. Un goove inatteso di chitarra, la batteria più piatta della terra(vi prego, riesumate Per!!). Attendiamo. Da queste anteprime sarà un disco inutile, specchio deformante di un glorioso passato che fu.

Esce il disco in streaming (mentre scrivo è ancora qui).
Non lo cago, poi un caro amico (grazie JJ) mi dice che spacca. Sfiduciato vado a sentirlo.
Non c'è quasi nulla di nuovo in tutto un intero disco, roba sentita e risentita, ma...sti cazzi: funziona.
Jonas Björler e Patrik Jensen did it.
Again.
Il disco è massiccio, senza cali, abbastanza vario da non annoiare, ma abbastanza simile a se stesso da avere una forte identità. Si alternano sfuriate a brani più ragionati, le chitarre macinano riff di buona qualità, la registrazione impeccabile esalta il basso del gemellino, che spinge come un dannato. Marco fa il suo, lo fa bene, anche meglio che in passato, sperimentando come non aveva mai fatto prima (cioè pochissimo, rispetto al solito nulla assoluto).
Nulla mi toglie dalla testa che se qualcuno avesse convinto Peter a non usare i The Haunted come territorio di sperimentazione, convincendolo a tenerli come il gruppo dell'adrenalina, in varie forme, avrebbe fatto meglio. Ma lo zio Peter non s'è fatto imbrigliare e...cazzi suoi (per la verità se n'è andato adducendo motivazioni di soldi e di tirannia interna dei 2 gemelli).
Adrian Erlandsson è, come direbbero gli inglesi, a pain in the ass...però riesce a fare il suo e notevolmente meglio del solito (e delle mie aspettative, peraltro infime, nei suoi confronti).

Disco sicuramente da ascoltare, ma per gli amanti del genere, da comprare a scatola chiusa!
Non mi metto a indicare gli highlight perché ancora non sono deciso, ma la cosa notevole è che di filler ce ne sono pochissimi e nel "contesto disco" anche i pezzi più deboli stanno piuttosto bene. Dovendo fare uno sforzo a cercarlo, l'highlight, Trend Killer è la canzone che mi fa alzare le orecchie tutte le volte, e forse l'unica in cui Marco si lancia in qualcosa di diverso dal solito. Ma è ancora troppo presto e il disco troppo buono, per giudicare.

La sparo gigante: potrebbe essere il 3° disco più bello della loro discografia, e considerato che ci sono 2 giganti dentro, ben difficili da scalzare...tanto di cappello!!




PS: se questo è lo stato di salute e ispirazione di uno dei 2 gemellini il nuovo, attesissimo e prossimo venturo At War With Reality, ritorno degli At The Gates dopo 19 anni da Slaughter Of The Soul, potrebbe essere un evento epocale. Ma alzare le aspettative è sempre rischioso...quindi restiamo cauti, che tutto quello che si sa, per ora, è qui.

PPS: la perdita dello zio Peter, per me è anche un colpo emotivo, perché è stato il cantante preferito della bimba Gaia prima che sapesse cosa fosse un cantante, grazie alla sovraesposizione alla sua voce in periodo fetale. Per il suo primo anno di vita le sue urla cariche di disperazione, rabbia e furia cieca dello zio Peter riuscivano a placarla, con grande stupore di tutti gli astanti.












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