28 febbraio 2013

L'equivoco Grillino



Il movimento 5 Stelle è una cosa (vabbeh, dai, vada per movimento, certo non partito, sicuramente non politico) sostanzialmente di destra, dai toni ai contenuti (dal populismo alle urla e gli insulti verso tutto e tutti, che se Bossi non avesse avuto un ictus sarebbe uno spasso vederli in un faccia a faccia in piazza...sarebbero quasi indistinguibili, se non per la polo contro la canotta).
La cosa incredibile è che siccome il bersaglio più facile contro cui urlare è il grande B, una mandria di pecore di sinistra, si è identificata nel movimento. Anche una mandria, più piccola, da destra, ma secondaria. Dal centro pochi, anche in virtù di un posizionamento poco "ecumenico" di Grillo.
Non avendo un'ideologia politica coerente a sostenere il movimento (cioè nessuna idea di dove cazzo stiano andando...e si manifesterà al primo conflitto in nord Africa  o un qualunque altro tema spinoso non esplicitamente nel programma), questa mandria ha annacquato una serie di idee destrorse con altre dal basso sinistrorse. Da un capo populista e una mandria (di pecore) è uscito un gregge (scarsamente) variopinto e il suo programma politico: via il pastore e il cane.
In sintesi. Ma forse è già più del necessario.

Abbiamo quindi un leader sostanzialmente di destra con una mandria sostanzialmente di sinistra, senza una idea, che ora si trova con un successo elettorale che ovviamente non sa assolutamente come gestire. Nel giro di pochi giorni Grillo ha detto che il modello siciliano è bellissimo (appoggio esterno, per chi non sa), che Bersani è un morto che parla e che non voterà mai la fiducia (ma tanto lui non vota, anche se sperare che le pecore non seguano la pecora nera che urla di più, è un modo brutale e feroce di ammazzarla, l'imperitura speranza).
Bene, tutto (quasi) come da previsione.

La base gli ha detto: diamo la fiducia a un governo di centro sinistra. Il gregge del resto è prevalentemente sinistrorso.
Lui, non avendo un cazzo in mano se non forse  il suo la notte quando è solo, ha addolcito i toni. Ma resta sfiduciatario. Quindi?
Cazzo in mano per tutti, che di meglio da fare non c'è....

La mandria non si sa dove andrà.
Spero che apra gli occhi sul fatto di aver espresso un voto del cazzo (e rieccoci, ho scritto più parolacce in questo post che in 7 anni di blog).
Di aver messo in stallo il paese.
Come previsto e prevedibile da chiunque non fosse così pecora da non saper far altro che belare, assordato dal belato delle pecore vicine.
Ma in quanto pecore, immagino che la mia speranza vada disillusa (come quella di vedere il pdl al 3% e non necessariamente lo schieramento di cui fa parte...).

Povera speranza, ne sta prendendo di bastonate!!

Molte pecore la vedono ancora come una vittoria. Come cazzo fanno, lo sanno giusto loro.

Certo che se gli elettori del centro sinistra si fanno abbindolare così da una pecora (politicamente) nera che però sa belare contro le altre bestie (politicamente) nere, forse è quello che ci meritiamo. Loro dovrebbero provare vergogna. Noi anche, per non avergli saputo aprire gli occhi.

Non è neppure che abbiamo fatto i maiali più uguali degli altri, è proprio che abbiamo (hanno, dai, di questo non mi sento colpevole) sottovalutato, se non ignorato, il problema.
Che è e resta l'iceberg che sta sotto il successo dei film dei Vanzina tutti i santi anni: l'ignoranza.
Fanculo a tutta la sinistra connivente coi tagli all'istruzione!

Detto questo, cazzo, volevo Renzi, senza essere d'accordo con lui, ma proprio perché sapeva parlare la loro lingua, ma almeno da sinistra!!!
E ora vorrei sapere tutti quelli che dicevano di no cosa hanno da dire. Se pensano ancora che l'intellettualismo alla Bersani possa arrivare alle orecchie delle pecore per le prossime elezione. Se pensano che avesse alcuna possibilità a queste elezioni. O se, anche loro, hanno sottovalutato il problema.

Disappunto.
Con le pecore.
Con gli intellettualoidi ciechi  (e coi Baustelle come rappresentati della categoria, che non c'entrano un cazzo, ma anche sì!)
Con chi non è andato, durante la campagna elettorale a prenderli (politicamente) e mostrare pubblicamente il paradosso grillino.
L'equivoco grillino. Una pecora nera che guida una mandria rossastra. E nessuno, cazzo, che si pone un dubbio!

P.S.: nessuna forma di specismo verso le pecore, quelle vere, di qualunque colore siano. E se avessero avuto diritto di voto, forse sarebbe andata meglio....
Read more

11 febbraio 2013

Riflessioni su Vita di Pi

Settimana scorsa sono andato da solo a vedere "Vita di Pi". Se non l'avete visto, ma vorreste farlo qui c'è un mega spoiler, quindi alla larga! Se non l'avete visto e non intendete vederlo...veramente vi interessa leggere?
Se invece l'avete visto...possiamo andare avanti ;)

Premettendo che il film mi è piaciuto moltissimo, indubbiamente c'è un passaggio che mi è rimasto incollato addosso e mi ha navigato nel cervello, galleggiando nei pensieri consapevoli e immergendosi in zone inconsce: l'isola cannibale.

Essendo il film un racconto fantastico e metaforico, ogni cosa del film è metafora.
L'isola cannibale non fa eccezione, anzi è un elemento troppo estraneo alla verosimiglianza da essere l'unico elemento "screditante" della lettura non metaforica.
Fra gli elementi importanti è anche l'unico di cui non viene svelato esplicitamente il "ruolo". Il motivo a mio parere è che non è metafora di un luogo o di un fatto fisico, ma di un luogo dell'anima (e a mio avviso fulcro del significato del film).

Si tratta della nostra "isola sicura" in cui ci rifug(g)iamo distaccandoci dal mondo. Il nostro luogo dove la tempesta non può arrivare. Dove il nostro spirito si rifocilla. Dove il dolore non esiste e il "brutto" è sconosciuto.
Si tratta del distacco dal mondo che usiamo per sopravvivere in mezzo alle tempeste della vita. E maggiore è la tempesta, più bella è questa isolachenoncè.

Mi rendo conto che sto parlando di una metafora con una metafora, oltretutto usando lo stesso linguaggio di quella originale, ma è il modo più esplicito e completo per parlarne.

La tentazione di rimanere sull'isola è grossa. Immensa. Solo la consapevolezza che ritirarsi dal mondo reale significa morire interiormente (e per Pi anche esteriormente) porta il personaggio ad andarsene.
Non ne è la consapevolezza, ma la paura, il vero motore, ma questo è un aspetto ulteriore da esplorare....un'altra volta.

Un fatto che trovo molto significativo è che Richard Parker salga sull'isola per sfamarsi ma non voglia restarci a dormire. Una significato nel significato, su come la nostra parte più bestiale rifiuti questi luoghi artificiosi della mente. Magari li usa (mangia), ma non riesce a trovarsi a proprio agio (torna a dormire sulla barca, pur soffrendo il mal di mare).

Visto che il film è un film dichiaratamente sulla religione (è la storia di come Pi ha incontrato Dio) non sono riuscito a non fare un salto concettuale forse azzardato e mi è venuta in mente la tentazione di Cristo nel deserto. Anche lì c'era la fame, anche lì l'isolamento. Anche lì una proposta allettante, diabolica nella sua essenza: abbandonare (perdere) se stessi, in cambio di una soluzione immediata ma snaturante e "meschina" del disagio.
La prima e la terza tentazione, in particolare, mi ricordano il contesto del film. Pi cede inizialmente, ma poi rifiuta.
Quelle tentazioni non sono la risoluzione dell'esigenza dell'uomo, ma la risposta a una domanda momentanea.

Astraendo abbastanza non riesco a non vedere in quel passaggio lo sprone a non accontentarsi di una soluzione temporanea che non risolve nulla.
Non vivere nell'agio di una menzogna che conosciamo come tale (Richard Parker non ci casca), ma ci illudiamo essere vera (Pi non si accorge di nulla sin quando non trova i segni espliciti del pericolo incombente).
A non lasciarsi ingannare dal miraggio.
A non ritirarsi dal mondo, ma raccogliere le forze, in qualunque luogo si riescano a trovare e ricominciare il viaggio.
E la lotta per sopravvivere.

La storia con la tigre è piaciuta più all'uomo. Ed è piaciuta di più a Dio, dice Pi.
La dolce bugia piace di più della cruda verità.
Suo padre all'inizio dice qualcosa che sembra circa "La fede è il buio della ragione", se non mi inganno.
L'isola è irrazionale, inverosimile, sovrannaturale.
L'isola è il buio dell'uomo e della sua ragione (e infatti gli armatori giapponesi non riescono a crederci), in cui rifugiarsi nella disperazione (e forse emerge la forte ambivalenza della sua positività come rifugio e negatività come trappola), da cui distaccarsi per tornare a vivere.
L'isola è divina.
L'isola è "il divino"?
Lettura nella lettura.
Forse eccessiva?

PS: ora vado a leggermi qualcosa sul film, che sino ad ora non ho fatto per non imbrigliare il pensiero e mi è venuta una voglia infinita di leggerne il libro!


Read more